Giusy, vibrante Liù
Nella fase centrale della sua carriera artistica, Giusy – assecondando il naturale sviluppo e la naturale estensione della sua voce verso un repertorio più lirico e drammatico , pur mantenedone le peculiari caratteristiche di agilità -,interpretò (come già detto in precedenza) con successo di pubblico e di critica, alcune importanti regine donizettiane ed eroine belliniane che lei sentiva sue soprattutto per l’intensità drammatica che tali personaggi emanavano (voglio citare Anna Bolena, Maria Stuarsa, Maria di Rohan e Giulietta di Capuleti e Montecchi di V. Bellini). Si dedicò anche, con particolare dedizione alla definizione dei necessari approfondimenti psicologici, allo studio di diversi ruoli pucciniani, quali Mimì di Bohème, Liù di Tutandot e Suor Angelica, soggiogata – come sempre era stata – dal fascino di quella magica musica .Era l’estate del 1997, allorquando il Teatro dell’Opera di Roma – temporaneamente privato della distonibilità del celebre teatro all’aperto delle Terme di Caracalla – decise di organizzare diverse recite di Turandot, opera tradizional-popolare e di sicuro richiamo di pubblico. che vennero rappreesentate nella cornice dello stadio Massimo Flaminio e con un cast artistico stellare che fra i protagonisti proncipali comprendeva il collaudatissimo tenore Nicola Martinucci (Calaf), la soprano Alessandra Marc (principessa Turandot) e Giusy (che debuttava il ruolo di Liù), diretti dal grande M° Daniel Oren e con la regia di Giuliano Montaldo.Per la cronaca la prima recita venne trasmessa in diretta su Radio 1 e furono tanti i melomani estimatori di Giusy che si sintonizzarono su quel canale-radio.Io in quel Luglio del 1997 fui molto fortunato – trovandomi a Roma per lavoro – a riuscire ad assistere allo spettacolo grazie ad un biglietto per un posto in piedi racattato all’ultimo momento (allo stadio infatti si era registrato il tutto esaurito per tutte le recite on programma). Ricordo che era una serata molto calda, ma la gioia e la curiosità di ascoltare per la prima volta Giusy-Liù era tanta e pertanto arrivai sul posto con un largo anticipo nella speranza di trovare almeno un angolo vicino al palcoscenico in cui stare. Ciò nonostante alle 18 del pomeriggio lo stadio era già quasi pieno e quindi mi rassegnai ad attendere l’inizio dell’opera seduto sopra un cuscinotto di emergenza vendutomi da un bagarino.Fu davvero una grande emozione ascoltare Giusy nella sua prima aria “Signore ascolta”; l’interpretrò con grande pathos e con tanta espressività, dando senso alle parole cantate e, allo stesso tempo, calandosi appieno scenicamente nel personaggio della giovane Liù che per amore del suo Calaf si sacriferà sino alla morte; successivamente la sua applauditissima esecuzione della famosa “Tu che di gel sei cinta”, si rilevò un capolavoro di bravura; in questa circostanza Giusy diede veramente un saggio su come si vive sulla scena un personaggio, risolto vocalmente con preziose filature, sapienti modulazioni dei fiati e vibrante intensità emotiva, corrispondendolo nella sua tipica drammacità. Il pubblico seguì in rispettoso silenzio l’esecuzione salutata da fragorosi applausi. Liù, assieme alla Mimì di Bohème, riservò alla nostra artista tante soddisfazioni nel particolare ambito pucciniano, tant’è che le venne riproposta l’anno successivo al Teatro Regio di Torino.
Lanfranco
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